Raccolta stralci della stampa

Riferimento al Catalogo della Stampa dell'Archivio Nicola Ciletti presso la Biblioteca Provinciale di Benevento:

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Vita operosa di Nicola Ciletti. Nell'eremo di San Giorgio la Molara egli continua a creare pregevoli opere d'arte

in: "Il Giornale", anno VIII, n.° 240, 1951

Chi attraverso una strada semplicemente impossibile, da Benevento si avventura fino a San Giorgio la Molara, non può fare a meno di fermassi al margine dell'abitato alla casa di Nicola Ciletti.

Questo nostro grande artista rimasto vigorosamente sulla breccia a combattere per i suoi ideali, è ormai l'unico rappresentante di quella razza vigorosa e geniale di pittori sanniti, impostisi alla considerazione dei critici più famosi colle loro conquiste e colle loro prodigiose realizzazioni.

Nicola Ciletti, [...] questo nostro pittore amato e stimato [...] esaltato in critiche approfondite [...] si è ritirato nella sua natia San Giorgio la Molara è continua imperturbabile a concretare sulle tele i suoi ideali pittorici in miracoli prodigiosi, infischiandosi superbamente della incomprensione degli uomini, della piccineria dei concorrente, dell'incompetenza di coloro che affidano ad imbrattatele gli incarichi rimunerativi.

Gli artisti vivono in un mondo irreale. Per essi le difficoltà della vita quotidiana contano fino ad un certo punto. Alla loro sensibilità, estremamente acuta, ripugnano gl'inchini, le piaggerie, i salamelecchi dosati, i vellicamenti untuosi; essi corruschi e sdegnosi come vulcani, eruttano la loro lava incandescente alla prima occasione e non badano più di tanto a conciliarsi l'ira dei potenti con battute atrocemente pungenti.

Nicola Ciletti, spirito libero, alieno da ogni opportunistica concezione della vita, in San Giorgio la Molara, rifuggendo dal mondo ipocrita, alterna le fatiche della creazione artistica a quella dei campi ed a quella della politica paesana.

Uomo libero, concepisce l'arte e la politica da uomo libero.

I suoi concittadini, affascinati dalla potenza del suo ingegno, dalla sua onestà, dalle sue realizzazione artistiche, dalla sua naturale generosità, dal suo disinteresse, non hanno potuto fare a meno di sceglierlo a loro primo rappresentante; e Nicola Ciletti,

artista geniale e combattuto, si è trasformato, per volere dei suoi concittadini in un oculato amministratore.

Ma la sua immensa passione continua ad essere la pittura. Nel suo eremo, quando l'estro l'invade, continua a eternare sulle tele la poesia immensa del nostro sole, dei nostri tramonti, delle nostre donne. Continua, per i posteri, ad immortalare il dramma del nostro popolo povero e grande.

Nicola Ciletti è un poeta del colore; ma non si limita a descrivere. I protagonisti dei suoi quadri non sono i campi o i contadini: sono le loro anime, che egli riesce a rivelare potentemente a coloro che inconsciamente le posseggono.

Egli è stato ed è l'interprete sicuro di questa nostra età tormentata e torbida, dei nostri dolori, delle nostre grandezze morali.

Il suo cammino dei primi anni è stato sicuro.Il suo quadro " Gli umili ", ora nella nostra Prefettura fu esposto con successo nelle sale della Biennale di Venezia nel 1926; nel 1908 a Torino, giovanissimo, era stato già a quella quadriennale giudicato il miglior artista meridionale. Nel 1921 a Firenze il suo quadro " I padroni " fu giudicato fra le tele più potenti e più dense di significato. Nelle esposizioni personali, tenute a Napoli nel 1920, nel 24, nel 26, nel 32 ebbe successi di vendite e di pubblico che avrebbero inorgoglito qualsiasi artista.

Ma egli rimase sempre modesto e sdegnoso. Chi amava la sua arte dovette andarlo a cercare. Non si piegò mai alle piaggerie ed ai salamelecchi.

Fu Ernesto Manna che lo andò a scovare per pregarlo di affrescare la ricostruita Chiesa di San Filippo in Benevento.

Nicola Ciletti l'adornò da par suo, senza badare troppo alla entità dei compensi; ed il Cardinale Piazza, che era stato il Presule della Diocesi beneventana e che, anima elettissima di artista, aveva apprezzato al loro giusto valore quei dipinti, fu addoloratissimo quando seppe che la guerra li aveva distrutti.

Ma il dolore fu minore per i nostri concittadini, i quali, quando si trattò di restaurarli o di rinnovarli, dimenticarono Nicola Ciletti e diedero l'incarico, certo con diverso risultato, ad altri.

Né nessuno si è ricordato di Nicola Ciletti, quando, dovendo affrescare le nuove Chiese costruite recentemente o dovendo dotarle di quadri, si è trattato di incaricare qualcuno della bisogna.

Si sa come vanno queste cose. Gli incarichi li ottiene chi sa procacciarseli.

Non se li sanno procacciare i veri artisti, alieni dagli inchini.

Ed anche quando gl'incarichi ottengono in omaggio alle loro insopprimibili qualità ed al loro passato, c'è sempre qualcuno pronto a soffiarglieli mediante inchini ben dosati fatti a tempo opportuno.

Nicola Ciletti, spirito di gran signore, non bada a tutto questo. Continua nel suo eremo a dipingere ed a creare. Sulle sue tele sfilano i poggi assolati e le figure abbronzate dei contadini in lotta perenne contro le avversità.

Egli continua a difendere gli umili che entusiasmarono e commossero la sua ardente giovinezza, felice che le sue tele corrano il mondo, sempre più apprezzate e richieste, anche se l'utile economico non sia suo ma di coloro che le sue tele sanno rivendere al momento opportuno.

Nicola Ciletti come del resto tutti gli artisti, non sa tradurre in cifre concrete i prodotti del suo ingegno. A Francavilla poteva vendere per una cifra ingentissima il suo quadro poderoso " Il vento " ben noto ai beneventani, ma preferì conservarlo per sé, innamorato come era di quella sua composizione potente vasta che esprime il travaglio di un epoca.

Ma i suoi concittadini che tante volte hanno dimostrato compressione per gli artisti di mezza tacca nelle esposizioni locali, avrebbero il dovere di ricordarsi di lui. Dovrebbero sentire l'orgoglio di poter possedere una delle sue opere negli edifici rinnovati, che adornano di dubbie opere di artisti forestieri lautamente ricompensati.

" Nemo propheta in patria " dice il proverbio, certamente veritiero; ma anche in questo non c'è alcun bisogno di esagerare. Nicola Ciletti se ne infischia. Continua nella sua San Giorgio la Molara a vivere la sua vita feconda; e guarda dall'alto del suo riconosciuto valore i piccoli uomini che distribuiscono gl'incarichi.

Egli sa bene che essi non sopravviveranno alla loro epoca; mentre Nicola Ciletti passerà nel ricordo delle future generazione come artista che ha saputo creare opere suggestive, significative.

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