Raccolta stralci della stampa

Riferimento al Catalogo della Stampa dell'Archivio Nicola Ciletti presso la Biblioteca Provinciale di Benevento:

cj2

Carlo Barbieri

Ciletti alla"Zagara". Note D'Arte

in: "Il Mattino", 8 agosto 1960

La "rentrée" del pittore Nicola Ciletti che molti anni fa voltò le spalle alla rinomanza e al successo, per ritirarsi a lavorare in un piccolo borgo del Sannio beneventano, è un avvenimento dei più patetici e, per aver luogo nel colmo dell'estate, quando non sono molti quelli che frequentano le gallerie d'arte e che ricercano le rare mostre di pittura, conferma la singolarità dell'uomo e la spavalderia dell'artista che non teme di andar contro corrente e contro stagione. Questa mostra allinea ben quaranta pezzi, dei quali taluni molto grandi, di vari decenni.

Non è una mostra ciclica perché vari stadii della sua attività non sono quivi rappresentati, ma non sono pochi, e risultano impegnativi, i dipinti del periodo più noto, tra le due guerre; questi sono di difficile datazione, quando non soccorra l'indicazione autografa, perché a prima vista parrebbe di doverli retrodatare di diversi decenni, per fermarci nell'ambito di quella età, verso la fine del secolo scorso, in cui l'epopea degli umili , infervorò la fantasia degli artisti, nel nobile sogno di un riscatto sociale, che veniva implicitamente auspicato con la rappresentazione stessa di spettacoli di vita prevalentemente rustica, sotto il segno della miseria e della fatica. A momenti parrebbe che Ciletti volesse continuare la predicazione pittorica di un Teofito Patini, con le sue imponenti figurazioni di bifolchi, lavandaie, falciatori, umile gente dei campi

Egli riassume quel retaggio, puntando sulla monumentalità del comporre, sulla robustezza del disegnare, sull'animoso trattamento del colorire., Sobrio ruvido, grave, questo colore contribuiva alla efficacia delle scene rappresentate. E perfino certe trasandatezza della esecuzione finiva col convenire a quelle impostazioni: un che di eroico esalava dalla stessa rusticità di quel mondo di villani e di "cafoni".

Negli ultimi tempi fattosi puro paesaggista, il suo fare si è conformato ad una maniera di più schietta e immediata osservazione del vero, ad una agreste visione che non teme la georgica grazia dell'idillio.

Tornando egli a Napoli dove militò intrepido da giovane, troverà molto mutato lo ambiente dell'arte, e non pochi di quelli che dovettero essere gli idoli, le verità indiscusse, le prove maggiori di allora o rinnegati o ignorati.

Mentre altre fedi ed altre illusioni prendono il posto di quelle.

Certo non gli parrà lecito di dubitare di ciò in cui credette.

E forse sarà stata questa una delle ragioni per aver scelto i giorni del solleone per la sua ricomparsa: avere aspettato che il fiato ardente dell'estate, gli uragani di luce, la stasi del tempo fulminato dalla spada infuocata del sole respingano oltre i limiti dell'abbacinato orizzonte gli spasimi, i problemi, le ansie, le avventure della modernità.

Socchiudendo gli occhi, il mondo può, in questi giorni, apparire ancora quello che fu.

Torna al menu

Torna alla cronologia